Editoriale
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Arrampicarsi sugli specchi: narcisismo in verticale
Foto: Red. UP Climbing
È passato molto tempo da quando Walter Bonatti raccontava con passione ed enfasi le “sue” montagne, e si allontanano ancor di più i racconti epici dei pionieri dell’alpinismo eroico di Winkler, Preuss e poi di Comici e Vinatzer e dalle loro discussioni sull’etica dell’arrampicata. La corsa al Cervino, la tragedia e l’impresa, avevano impressionato e fermato l’Europa. L’alpinismo appariva fin dai suoi esordi, come un fenomeno sicuramente non di massa, ma capace di suggestionare e appassionare il grande pubblico.
Poi Messner, e la sua irripetibile cavalcata dei quattordici 8000, che ha definitivamente conquistato un pubblico molto ampio diventando un vero e proprio fenomeno mediatico. Letteratura e cinematografia hanno veicolato, sul finire del millennio, un alpinismo che conteneva le avventure di uomini che nel racconto delle loro imprese non nascondevano le loro paure o le loro ossessioni ma che documentavano anche una ricerca di senso e di bellezza per cui valeva mettere a rischio …